Come far mangiare le verdure ai bambini

Ogni genitore, zio, educatore o babysitter lo sa: salvo felici eccezioni, far mangiare ai bambini le verdure sembra spesso un’impresa da supereroi. L’obiettivo è sempre lo stesso: educare i bambini e i ragazzi a un’alimentazione bilanciata e sana, oltre che al gusto per la varietà e la buona cucina.

E di educazione alimentare c’è ancora molto bisogno. In Italia, secondo i dati del progetto «Sistema di indagini sui rischi comportamentali in età 6-17 anni», resi noti a fine 2010, emerge che il 23% dei ragazzi è in sovrappeso e l’11 per cento obeso. Un terzo dei bambini non fa colazione o mangia in maniera inadeguata, la metà consuma bevande zuccherate o gassate nell’arco della giornata e un quarto non mangia quotidianamente frutta e verdura. Quasi la metà dei bambini ha la televisione in camera e un quinto pratica sport per meno di un’ora a settimana.

Alcuni recenti studi hanno studiato se e come il comportamento di mamme e papà all’ora della pappa influenzi la propensione futura dei piccoli a mangiare frutta e verdura, e la lezione risultante appare chiara: le pressioni portano a poco, spesso a un rifiuto, mentre il vero asso nella manica sono l’indulgenze e soprattutto il buon esempio. Vedere che quotidianamente a tavola si assaporano con gusto colorati piatti vegetariani è la miglior persuasione possibile.

Ecco qualche suggerimento utile:

  1. Offrire piatti piacevoli alla vista ma semplici, i bambini amano poco i “pasticci”
  2. Proporre forme e colori divertenti e creative
  3. Preferire verdure tenere e non troppo cotte, meglio se ancora croccanti, cotte al vapore o crude
  4. Se non vuole la frutta, proporgli frullati, magari camuffati nello yogurt; se non vuole le verdure preparare passati, minestroni, polpette e quiche
  5. Non allarmarsi né dare premi né punizioni associate al cibo: funziona poco
  6. Non obbligarlo a mangiare per forza
  7. Mangiare insieme, con la famiglia intorno al tavolo, magari chiacchierando senza la tv accesa.
  8. Ricordarsi che l’esempio di ciò che assaporano gli adulti vale più di mille prediche
  9. Farsi aiutare dal bambino a preparare e cucinare gli alimenti
  10. Sfruttare le esperienze collettive, come il pasto all’asilo o a scuola, oppure il pasto con fratelli e cuginetti: molto del gusto dei piccoli e della loro capacità di accettare nuovi sapori dipende dal gusto dei suoi coetanei.

 

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Fonte: Fondazione Umberto Veronesi
Immagini: bambinopoli.it

Stanchi e stressati? E’ colpa (anche) del magnesio

Il magnesio è un sale minerale indispensabile al buon funzionamento del nostro organismo, ed in particolare di oltre 300 enzimi. Il fabbisogno quotidiano varia a seconda dell’età e del sesso, ma solo il 30-40% di quello che viene ingerito è poi assorbito dall’organismo. Attenzione, però, anche a quantità esagerate che potrebbero provocare i disturbi che il magnesio dovrebbe curare.

Ha capacità di regolare i processi di contrazione muscolare, attenuando l’affaticamento e evitando i crampi, modula l’attività del sistema nervoso e protegge l’apparato cardiovascolare da aritmie, palpitazioni e ipertensione, collabora con il calcio a mantenere le ossa in salute e sostiene il tono dell’umore (specie quando si è sotto stress) controllando l’ansia, riequilibra il ciclo del sonno. Ultimi studi parlano poi anche di un aiuto nel controllo di glicemia e colesterolo. Sono solo i principali (buoni) motivi per regalare al nostro organismo il giusto apporto di magnesio.
«I segnali più evidenti di un basso livello di magnesio – spiega Pier Luigi Rossi, Professore di Nutrizione Clinica all’Università Bologna – sono l’umore irritabile, l’apatia o lo stato ansioso, il sonno disturbato da continui risvegli o problemi di palpitazioni e aritmie».
A causare l’eccessivo dispendio di magnesio possono contribuire fattori di stress, una dieta iperproteica, cibi ricchi di ossalati, quali ad esempio birra scura, cioccolato, salsa di soia, o alcuni farmaci in particolare i diuretici. «L’apporto di magnesio – aggiunge Pier Luigi Rossi – va incrementato, sempre sotto il controllo medico per non determinarne gli eccessi che potrebbero causare effetti contrari, se si soffre di sindrome premestruale, mal di testa muscolo tensivo o da vasospasmo, o di disturbi della menopausa».

Una alimentazione ricca di verdura (3 porzioni al giorno), legumi, cereali integrali, frutta secca e fresca aiutano a raggiungere il giusto quantitativo quotidiano di magnesio. «Vanno privilegiate le verdure verdi a foglia, come ad esempio gli spinaci – precisa l’esperto – avendo cura di tagliarle in piccoli pezzi prima di prepararle. Una accortezza che consente di mantener all’incirca l’80% del sale minerale che altrimenti andrebbe perso nel processo di cottura».

Fonti Alimentari: legumi, cereali integrali e frutta secca, anche se più dell’80% del magnesio viene rimosso dai trattamenti di raffinazione dei cereali. Vegetali a foglie verdi e banane sono buone fonti, mentre altri frutti di uso comune, la carne, il pesce ed il latte, sono fonti di minore importanza. Nel complesso, diete ricche in vegetali e cereali non raffinati hanno un contenuto di magnesio maggiore rispetto a quello di diete ricche di carni, prodotti lattiero-caseari ed alimentari raffinati.

Fonte: Fondazione Umberto Veronesi

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I miti dell’alimentazione: lo strano caso di Braccio di Ferro

1928: in America il marinaio Popeye (Braccio di Ferro), innamorato pazzo di Olivia, affronta per la prima volta l’arcinemico Bruto. Le prende, ma con le ultime forze che gli restano scoperchia un barattolo e ne ingoia il contenuto. E a quel punto diventa Super Braccio di Ferro e sbaraglia tutti. Cos’ha mangiato? Da quasi un secolo Popeye è il testimonial degli spinaci.

L’irascibile marinaio miracolato tiene sempre in tasca un paio di barattoli di spinaci cotti e quando è nei guai pesca da lì la sua riserva di forza. È convinto di quello che fa, e ancora oggi, nelle sue apparizioni in tv, sembra ignorare del tutto la verità. Perché qualunque cosa sia a dargli energia, di sicuro non sono gli spinaci.

Un piccolo errore
Il guaio è che non è l’unico a credere a questa storia, che ormai va avanti da un secolo: generazioni di mamme mettono in tavola piattoni di spinaci invocando virtù che non hanno, e i bimbi, che notoriamente odiano mangiare “cose verdi”, implorano pietà (e ne escono sconfitti). Da cosa nasce questa convinzione irremovibile che gli spinaci rendono forti perché contengono ferro? L’origine della questione è incerta. La versione più diffusa incolpa un analista americano che, agli inizi del secolo scorso, compilava una delle prime tabelle nutrizionali: quando è arrivato alla voce “spinaci” ha sbagliato di un fattore 10 nella trascrizione del loro contenuto in ferro.

Su questa storia se ne sono innestate altre: l’analista era d’accordo con la lobby americana dei coltivatori di spinaci; i coltivatori hanno approfittato di un errore in buona fede; l’errore ha dato al disegnatore Crisler Segar l’idea giusta per anticipare di un ventennio i supereroi e così Popeye è diventato il più duraturo testimonial della storia della pubblicità…

Se vuoi essere forte, mangia…
L’errore è stato alla fine scoperto e corretto, pare, alla fine degli anni ’50, ma senza clamore, fatto che ha contribuito a mantenere viva la leggenda. Oggi sappiamo che 100 grammi di spinaci crudi contengono non più di 3 mg di ferro, oltretutto sotto forma di fosfato, un sale che siamo capaci di trattenere e utilizzare solo in parte. Molto meglio le lenticchie, che ne contengono almeno il doppio, ma non ditelo ai bambini, perché non vanno d’accordo neanche con queste.

Fonte: Focus.it
Immagini: cartonianimatimania.myblog.it – progettocertificazioneetica.it

Quanto “non-cibo” mangiamo?

Gli additivi, ospiti indesiderati
Nel nostro piatto arrivano spesso cibi ricchi di tecnologia e poveri di gusto e proprietà nutritive. L’industria alimentare ci offre cibi facili da reperire e a basso costo a scapito di alimenti completi che non contengono ingredienti estranei al mondo dell’edibile.
Quanto tempo dedicate a leggere le etichette quando fate la spesa? Sappiamo che, per la maggior parte di noi, la risposta è (purtroppo) poco, o pochissimo.
Eppure, la lettura delle etichette dovrebbe essere una delle cose alle quali dedicare più attenzione: è qui che si possono reperire informazioni su ingredienti, origine o produttori, ed è sempre qui che, spesso scritti in piccolo o camuffati fra i vari ingredienti, si possono scovare gli additivi.
Secondo la definizione ufficiale, un additivo è una «qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento […] e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti […] aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti».
Tra le tante funzioni che svolgono, tre sono di particolare rilievo: prolungare la durata di conservazione (conservanti, antiossidanti), facilitare la lavorazione degli alimenti (antiagglomeranti), migliorare le caratteristiche sensoriali del prodotto (coloranti, dolcificanti, esaltatori di sapidità).
Gli additivi attualmente permessi nell’Unione Europea sono circa 400, segnati con la lettera E seguita da un numero a tre o raramente a quattro cifre. Si tratta di un numero molto alto, e viene inevitabile chiedersi se e quali danni possano provocare alla nostra salute. Per ognuno è stata fissata la Dga (=Dose Giornaliera Ammissibile) espressa in milligrammi di additivo ingerito per chilogrammo di peso corporeo (mg/kg). Più la Dga è alta, più è facile che l’additivo sia innocuo per la nostra salute, più è bassa più il suo potenziale nocivo aumenta. La Dga può anche essere non specificata (senza limiti), se l’additivo è presumibilmente sicuro, o non assegnata, se risulta tossico anche a basse concentrazioni o non ci sono dati sufficienti per stabilire se l’additivo è tossico oppure no.

Meno additivi, più gusto!
Come possiamo difenderci dall’eccesso di additivi? Scegliere prodotti biologici aiuta, ma non esaurisce il problema (il biologico permette 50 additivi, anche se quasi tutti con DGA alta o senza limiti). Impariamo quindi a leggere le etichette, a evitare alimenti nei quali normalmente ci sono molti additivi (dolciumi industriali, caramelle, gomme da masticare, aperitivi alcolici e analcolici, salse, piatti pronti) e a privilegiare prodotti freschi. Ricordiamoci che cibi freschi posseggono al massimo grado le qualità nutrizionali, organolettiche e salutistiche mentre i prodotti trasformati di norma scadono notevolmente in qualità. Inoltre, se l’industria impiega additivi per produrre un dato alimento, vuol dire che la materia prima e/o i processi di lavorazione e conservazione che adotta non sono di qualità.
Comprando cibi senza additivi ci guadagna la nostra salute, ma anche il nostro gusto!

Fonte: SlowFood
M.Giannattasio, «Gli additivi alimentari: questi sconosciuti», in Valore alimentare magazine, 30, 2010
M. Giannattasio e C. Rucabado Romero, Gli additivi alimentari: una guida, II edizione, edizioni L’Aratro, Napoli, 2010

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Le tartine di Mark Northeast

Panini e tartine, per quanto gustosi, non sono un pasto molto equilibrato e nutriente per un bambino… Almeno così direbbe una mamma italiana.
In Gran Bretagna, invece, la pensano diversamente: tanto che per ingolosire un inappetente figlioletto, Mark Northeast, 38enne webdesigner di Littlehampton, ha pensato di trasformare semplici sandwich in simpatici pupazzetti.
Ecco alcune ricette.

IL BRUCO
Questa tartina si basa su forme semplici, ma è divertente perché permette di contare i piedi mentre li mangiate.

Ingredienti
2 fette di pan carrè
Ripieno a piacere
1 Cetriolo
1 Pomodorino abbastanza grande
1 acino d’uva rossa
Crema di formaggio

Preparazione
1. Prepara un tramezzino utilizzando il pan carrè e il ripieno che desideri. Più grande è il tramezzino, più il bruco diventerà lungo.

2. Con un tagliapasta circolare di circa 4 centimetri di diametro taglia quanti più pezzi rotondi del tramezzino. Parti da un angolo e taglia i cerchi uno accanto all’altro per non sciupare troppo pane.

3. Taglia 4 fettine di cetriolo di 5 mm di spessore e – a loro volta – tagliale in 4 (come una torta) per avere 16 pezzi di cetriolo con cui fare le zampe del bruco. Disponi 8 piedi per parte e – nel caso – con un coltello, riducine le dimensioni se ti sembrano troppo grandi.

4. Affetta due pezzi di cetriolo, Taglia il cetriolo in lunghezza in modo da creare due pezzi delle dimensioni di due cerini da utilizzare per le antenne. Usa una forchettina per cocktail per fare due buchi nel pomodoro dove inserire le antenne di cetriolo.

5. Con quel che resta del cetriolo e un piccolo cutter circolare, fai 2 occhi e una mezza luna a forma di bocca da inserire nel pomodorino, fissandoli poi con un po’ di crema di formaggio. Per finire gli occhi, puoi aggiungere due piccoli cerchi realizzati con la buccia dell’acino d’uva.

Consigli e trucchetti
I pezzi circolari del tramezzino devono stare sul lato uno accanto all’altro. Per facilitare questo equilibrio precario ed evitare che cadano utilizza un ripieno che li tenga “incollati” tra loro, come per esempio una crema di formaggio.
Al posto del cetriolo per i piedi e le antenne perché non usi una carota o un sedano come sostituto un po’ più robusto?

LA PECORA
Una delle tartine più semplici che fa un buon uso del pane integrale

Ingredienti
2 fette di pan carré integrale
1 fetta di pan carré normale (farina bianca)
Ripieno
Cetriolo

Preparazione
1. Fai un panino/tartina con le due fette di pan carré integrale e poi tagliale con un coltello (o meglio, con una formina delle giuste proporzioni) a forma di rettangolo, con un lato corto arrotondato.

2. Dalla fetta di pane bianco ritaglia un pezzo a forma di nuvola per la parte superiore della testa e 2 piccoli semicerchi per le orecchie.

3. Con delicatezza fai 2 buchi per il naso. Utilizza due piccoli cutter circolari o il cappuccio di una penna bic (ben lavato prima dell’uso). Poi, con un coltello, ritaglia 2 pezzi di buccia di cetriolo da inserire nei buchi del naso.

4. Da una fetta di cetriolo fai due occhi ovali e guarniscili con 2 piccoli dischi di buccia di cetriolo per le pupille.

Consigli e trucchetti
Al posto del pane per capelli e orecchie potresti utilizzare una fetta di formaggio o una sottiletta tagliata nella stessa forma. Il cetriolo può anche essere sostituito con peperone verde o uva.

Fonte: Focus.it

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La ricetta per stare meglio: tornare alle tradizioni

Una tazza di latte a colazione con yogurt, brioche di pasta sfoglia (burro); un panino con prosciutto o formaggio a pranzo, e a cena, mentre la pasta cuoce (spesso con il ragú), una fetta di salame o addirittura un antipasto di salumi italiani, seguito da un primo di carne, magari anche una fettina di formaggio, d’estate un gelato alla crema (latte e uova) e d’inverno una fetta di torta (ancora uova e burro)…
Oggi la dieta quotidiana dell’italiano medio è a base di alimenti di origine animale: latte, burro, uova, carne. Nulla a che vedere con la dieta mediterranea, saldamente ancorata a un grande consumo di cereali e legumi accompagnati da verdura e frutta.

Si mangia meglio? Sicuramente si sta peggio
Cambiata la dieta, con quali risultati? Negli ultimi 50 anni è triplicata la mortalità da malattie cardiocircolatorie (infarti e ictus), passati da 92 mila a 250 mila di oggi e per tumori, saliti da 51 mila a 160 mila. Per non parlare del diabete, in continua e drammatica ascesa…

Negli ultimi 50 anni sono arrivati infatti sulla tavola degli italiani cibi prima rari (liquori, dolci, carne) o addirittura sconosciuti (cibi pronti, merendine, bibite). I consumi sono cambiati a favore di prodotti più trasformati, che richiedono tempi di preparazione più brevi. In pochi anni la brioche, ricca di grassi trans, i peggiori, ha sostituito pane e marmellata fatta in casa, il panino della pausa pranzo ha spodestato la pasta e ceci, e l’happy hour dell’aperitivo serale, in piedi al bar, la ribollita alla toscana, l’acquacotta laziale, il minestrone di verdura…

Eppure la ricerca ha continuato a confermare la validità delle diete tradizionali, laddove sono conservate: nel bacino amazzonico si muore di ferite, tetano, morsi di serpenti; ma malattie cardiocircolatorie, diabete, depressione, Crohn, artrite, obesità sono sconosciuti.

In Camerun la mortalità infantile legata alle infezioni (malaria e diarrea) è elevata, ma sono sconosciute stitichezza e tumore del colon. Nel Gennargentu sardo la popolazione gode di una longevità straordinaria. E a Okinawa, isola dell’arcipelago giapponese, sono sconosciuti tumore del seno e della prostata.

Non sarà allora un caso se l’American Institute for Cancer Research con i suoi studi si batte per il ritorno alle diete del passato e contemporaneamente i ricercatori dell’Istituto dei tumori di Milano stanno importando tradizioni alimentari di tutto il mondo alla ricerca dei cibi che prevengono i tumori e le ricadute.
Guidato da Franco Berrino, direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto per lo studio e la cura dei tumori, il progetto Diana (possono aderire donne tra 35 e 70 anni che abbiano avuto un tumore al seno negli ultimi 5 anni) sta accumulando prove che una dieta ricca di frutta e verdura, povera di carni rosse e grassi animali protegge dal tumore al seno e dalle ricadute.
Ma le stesse raccomandazioni arrivano dai cardiologi, dai gastroenterologi e dai geriatri.

Quale destino? Meglio un ritorno al passato.

Fonte: Focus.it

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Le 5 diete “vip” peggiori (da evitare)

Dimagrire a tutti i costi e in tempi brevi è diventato un vero e proprio must, anche tra le star di Hollywood. Ed ecco che spuntano diete di tutti i tipi, dalla Dukan alla Nec, passando per la Drunkorexia: diete folli che riscontrano un grande successo perché a seguirle e a promuoverle sono soprattutto i vip di fama internazionale.

Ma questi regimi alimentari sono davvero efficaci per perdere peso? E soprattutto, sono sani?
Sembrerebbe proprio di no!
A metterlo nero su bianco in modo ufficiale è uno studio della British Dietetic Association, che ha stilato una lista delle cinque peggiori diete che spopoleranno nel 2013, grazie al (cattivo) esempio di personaggi celebri che le seguono da tempo.

1) La Dukan
Al primo posto si posiziona la Dukan, definita “la peggiore dieta” per il terzo anno consecutivo, a causa della spossatezza e della confusione che provoca in chi sceglie di seguirla. Questo regime alimentare infatti prevede l’eliminazione totale dei carboidrati e la riduzione drastica di frutta e verdure, cibi che sono invece fondamentali per il buon funzionamento del nostro organismo e alla base della nostra idratazione. Non sarà un caso se il suo ideatore è stato radiato dall’Ordine dei Medici.

2) La Nec
A seguire troviamo la NEC (KEN in inglese), che sta preoccupando non poco i nutrizionisti. È più nota come nutrizione enterale chetogena ed è seguita soprattutto da coloro che vogliono arrivare magre all’altare: prevede dieci giorni senza cibi solidi, durante i quali ci si nutre esclusivamente di liquidi, un cocktail di vitamine e lassativi, introdotto nel corpo con un sondino naso-gastrico, che si può staccare soltanto un’ora al giorno. Una procedura fastidiosissima, che normalmente è riservata ai malati cronici e non assicura neanche un dimagrimento duraturo.
Secondo gli esperti dell’INRAN – Istituto nazionale ricerca Alimenti e Nutrizione -infatti, una volta terminato questo terribile regime alimentare, si riprendono immediatamente tutti i chili persi.

3) Party Girl IV Drip Diet
Al terzo posto troviamo una nuova dieta, molto in voga negli Usa, la “Party Girl IV Drip Diet”, che prevede l’assunzione di un mix di vitamine B e C, magnesio e calcio per via endovenosa. Una vera e propria follia, che non ha nulla a che fare con il concetto di dieta! Secondo Sian Porter dell’INRAN infatti, “oltre ad essere un trattamento riservato di solito ai casi di grave malnutrizione, non c’è alcuna conferma che questa dieta funzioni anche per le persone sane”.

4) Six Weeks to OMG Diet
Al quarto posto della classifica delle 5 peggiori diete vip troviamo la “Six Weeks to OMG Diet”, inventata dal londinese Venice A. Fulton: si basa su una sequenza di esercizi da svolgere al mattino, seguiti dall’assunzione una tazza di caffè nero e da un bagno gelato per bruciare i grassi. Cosa si mangia? Solo proteine!

5) Alcorexia o Drunkorexia
Termina la classifica degli orrori la Alcorexia, meglio conosciuta come Drunkorexia, che spinge a tenere sotto controllo le calorie durante la settimana per poter bere liberamente nel weekend senza aumentare di peso!

In conclusione…
Come ricordano gli esperti della British Dietetic Association, “non c’è una soluzione magica per perdere peso e mantenere a lungo i risultati. Può sembrare ovvio, ma se vuoi perdere peso dei fare scelte salutari, mangiare in modo bilanciato e vario e fare esercizio fisico”.

Eliminare i carboidrati (come suggeriscono sempre gli inventori di queste diete folli) o la frutta serve solo a creare degli squilibri: appesantisce i reni, scombussola il nostro corpo e mette a rischio la salute.
Gli effetti di queste diete infatti non sono sempre visibili nell’immediato e possono dare problemi anche a distanza di tempo.
E poiché la dieta mediterranea è diventata patrimonio dell’umanità (a differenza di queste diete vip da casalinghe disperate), non sarebbe meglio optare per un’alimentazione equilibrata e misurata, a base di cereali, legumi, formaggi freschi, frutta e verdura, accompagnata da un sano esercizio fisico?

Fonte: GreenMe – Guidaconsumatore

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Rotolo alla cannella

Il rotolo alla cannella è un tipico dolce svedese, che viene preparato soprattutto nel corso del periodo natalizio. Il profumo delicato di una spezia come la cannella richiama alla mente immediatamente il periodo delle feste e il rotolo farcito con essa è ottimo per essere consumato in ogni momento della giornata, sia a colazione, che a merenda, che come dessert dopo il pranzo o la cena.

La cannella infatti è una spezia utile per combattere il colesterolo alto, può aiutare a prevenire la comparsa di diabete e iperglicemia. E’ un antibatterico naturale e stimola la digestione, favorendo la scissione dei grassi.

Ingredienti:

  • 500 gr di farina 0
  • 250 ml di latte di mandorle
  • 80 gr di zucchero di canna
  • 80 gr di margarina non idrogenata
  • 2 cucchiai di maizena
  • 1 cubetto di lievito di birra
  • 1 pizzico di sale

Per farcire:

  • 70 gr di zucchero di canna
  • Cannella in polvere

Procedimento:
Versare la farina in una ciotola capiente e amalgamarla con lo zucchero di canna e con il lievito di birra sbriciolato. Quindi iniziare ad impastare aggiungendo la maizena, un pizzico di sale, la margarina a temperatura ambiente, dopo averla divisa in fiocchi, e il latte di mandorle. E’ necessario lavorare bene l’impasto finché non risulterà liscio ed omogeneo.

A questo punto potrete lasciare l’impasto a lievitare in un luogo tiepido nella propria ciotola, che avrete ricoperto con un canovaccio umido. Attendete fino a quando il volume dell’impasto non sarà raddoppiato. Procedete quindi a stendere l’impasto con un matterello, fino ad ottenere uno spessore di 1-1,5 centimetri circa.

Spolverizzate l’intera superficie con lo zucchero di canna e con la cannella in polvere. Procedete a dare forma al vostro rotolo alla cannella semplicemente arrotolando l’impasto su se stesso con le mani, in modo che la farcitura rimanga all’interno. Quindi formate con l’aiuto di un coltello delle fette rotonde dello spessore di circa 2 centimetri e disponetele su di una teglia oliata o ricoperta con carta da forno. Spolverizzate a piacere ogni fetta del rotolo con un pochino di zucchero di canna o di cannella. Cuocete in forno a 180°C per circa 30 minuti, fino a quando le fette non risulteranno ben dorate in superficie.

 

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Fonte: WellMe

5 alimenti che possono interagire con i farmaci

Quando si segue una cura farmacologica è necessario prestare attenzione alla propria alimentazione. Vi sono infatti alcuni alimenti che possono interagire con l’azione dei farmaci e che dunque sarebbe bene evitare. L’ FDA ha presentato di recente un’utile guida per evitare le combinazioni più pericolose tra alimenti e medicinali.

Ad essa si aggiungono le indicazioni del dottor Stephen Dahmer, esperto del Continuum Center for Health and Healing, che ha voluto fornire alcune indicazioni per evitare interazioni tra alimenti e farmaci che rischiano di rendere inefficace una cura o che possono altrimenti amplificare il rischio che si presentino pericolosi effetti collaterali.

1) Succo di pompelmo

Il succo di pompelmo è sicuramente benefico per il suo contenuto di vitamina C e di potassio, ma potrebbe dare adito ad effetti collaterali se assunto insieme ad alcuni farmaci, poiché esso può essere in grado di interferire con alcuni importanti enzimi intestinali. In particolare è necessario prestare attenzione ai farmaci come le statine (prescritte per inibire la sintesi del colesterolo), gli immunosoppressori e le benzodiazepine (ad esempio il Valium). Anche alcune bibite possono contenere succo di pompelmo, quindi è necessaria la massima attenzione.

2) Banane

Assumere troppi alimenti ricchi di potassio, come le banane, le arance e gli ortaggi a foglie verde, a parere dell’esperto può causare problemi a coloro che assumono farmaci indicati per abbassare la pressione sanguigna. Le persone che assumono tali farmaci accompagnandoli con una dieta ricca di potassio, potrebbero andare incontro a palpitazioni cardiache. Le banane, per via del loro contenuto di tiramina, potrebbero inibire l’azione di alcuni farmaci antidepressivi, con riferimento agli inibitori delle monoamino ossidasi (I-MAO, IMAO).

3) Succo di mirtilli rossi

Il succo di mirtilli rossi (Vaccinium macrocarpon o “cranberry”) è consigliato per la cura delle infezioni delle vie urinarie, come rimedio naturale benefico. Esso però contiene nello stesso tempo delle sostanze chimiche considerate in grado di amplificare in modo pericoloso gli effetti di farmaci utilizzati per combattere il colesterolo (statine).

4) Spinaci

Gli spinaci, insieme a tutti gli alimenti ad elevato contenuto di vitamina K, possono essere responsabili di vanificare gli effetti dei farmaci anticoagulanti, come il Coumadin, per via del loro contenuto di sostanze che promuovono l’aumento della densità del sangue. In coloro che assumono tali farmaci il consumo di spinaci, secondo gli esperti, potrò avvenire, ma in maniera moderata, con una piccola porzione 2 o 3 volte alla settimana.

5) Fibre

Gli alimenti ricchi di fibre, come cereali integrali, verdure e frutta, rappresentano fonti nutrizionali irrinunciabili. Esse però contribuiscono a rallentare i processi di svuotamento dello stomaco, un’ eventualità che secondo il dottor Dahmer potrebbe rallentare l’assorbimento dei farmaci e la loro immissione nel flusso sanguigno, portando alla presenza di livelli minori rispetto a quanto ci si attenderebbe per alcuni medicinali nel sangue, ad esempio gli antibiotici.

L’esperto sottolinea come spesso non sia necessario eliminare del tutto un certo alimento durante una cura farmacologica e che bisognerebbe porre attenzione alle quantità dello stesso assunte durante il periodo del trattamento. In caso di dubbi è sempre bene consultare il proprio medico in modo da conoscere se vi siano degli alimenti da evitare durante l’assunzione di un determinato farmaco, per prevenire spiacevoli conseguenze.

Fonte: WellMe

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Celiachia: aumenta la diagnosi, ma i celiaci presunti sono di più

Sono in costante aumento le diagnosi di celiachia in Italia, che si attestano intorno ai 135mila. Tuttavia, si tratta di un numero troppo basso rispetto al numero di celiaci presumibilmente presenti in Italia, se si prende in considerazione il fatto che la celiachia è l’intolleranza alimentare più frequente a livello mondiale e ha una prevalenza stimata dell’1%: in Italia, quindi, i celiaci dovrebbero essere 600mila.

Sono alcuni dei dati contenuti nella relazione 2011 sulla celiachia del ministero della Salute. Dal confronto con i dati del 2010, sarebbero state registrate più di 13mila nuove diagnosi, di cui più di 5mila solo in Lombardia, che risulta essere la regione in cui risiedono più celiaci (la Valle d’Aosta è quella in cui ne risiedono di meno).

La media dell’incremento nazionale è stata del 19%, con i picchi di Lombardia e Sardegna (26%), seguite da Abruzzo (23%) e Provincia autonoma di Trento (22%). In Campania e Sicilia invece l’incremento è stato più basso, rispettivamente con il 9% e l’8%.

La maggior parte delle diagnosi si ha dai 10 anni in su: nel 2011 sono state 116.641 contro le 104.081 del 2010. Nella fascia d’età tra 6 mesi e 1 anno la Campania è al primo posto con 36 bambini celiaci, seguita da Abruzzo (8) e Sardegna (7). Fino ai 3 anni e mezzo invece al primo posto c’è la Lombardia (466), seguita da Campania (280) ed Emilia Romagna (250), mentre fino ai 10 anni e dai 10 anni in su sono Lombardia, Campania e Laziole le 3 Regioni con più residenti celiaci.
Infine, ad essere più colpite sono le donne: nel 2011 i maschi celiaci sono stati 38.655 contro 96.245 femmine.

Fonte: Ministero della Salute – WellMe

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